giovedì 18 aprile 2013

La mia storia continua... (2)

... sono passato tredici mesi, ho lavorato di giorno, di pomeriggio e di notte... ho anche studiato fisica II e dato l'esame (ero iscritto a Ingegneria), ma vedo già che "non è aria".

La notte funziona così:
Gli elaboratori che usiamo (sono dei piccoli mainframe) non dispongono di uno strumento per contare il tempo.   L'orario di inizio e di fine delle "fasi" (così sono chiamati i singoli lavori che vengono inseriti per l'esecuzione) vengono registrati in un foglio-macchina, arrotondando ai cinque minuti.

Nel corso del tempo, è stata rilevata la durata alcuni lavori ripetitivi, che era sempre uguale.

Esistono quindi durate "standard" per le varie fasi, cinque, dieci, quindici minuti, e così via.
Il turno di notte, normalmente riceve richieste di fasi "lunghe" che durano anche parecchie ore.

La fase tipo funziona così: L'operatore legge il "foglio di attrezzaggio", che descrive il lavoro da eseguire, allega le schede controllo e/o le schede di "lancio" che contengono il nome ed i parametri necessari all'esecuzione del programma, i numeri di matricola dei nastri da montare, l'indicazione se sono nastri in ingresso o in uscita, indicazioni sulla carta da usare per un'eventuale stampa, e così via.

Si va in nastroteca, si cercano i nastri e si portano in prossimità delle unità nastro, dove saranno montati al momento della richiesta da parte del programma in esecuzione.

I colleghi del pomeriggio, generalmente, preparano tutti i nastri che serviranno per le fasi della notte, in modo che i colleghi non li debbano andare a cercare nella nastroteca.

Non è che per cercarli ci voglia tanto tempo, ma, se i nastri sono già lì, sul carrello, si può fare tutto più velocemente...

In particolare COSA, si fa più velocemente? Le fasi durano quello che devono durare, naturalmente, non si può  mica far andare più veloce l'elaboratore... ma la registrazione delle fasi nel registro di macchina viene effettuata tenendo conto dei tempi "standard", quelli che si spuntano di giorno e che tengono conto di un modo di lavorare più "calmo" e "ragionato".

In pratica, la fase dura tre minuti, l'operatore ne segna cinque (includendo anche i tempi di ricerca dei nastri, del loro attrezzaggio sull'unità, del loro smontaggio e del loro ritorno in nastroteca, ecc.), ne dura sei e se ne segnano dieci, e così via.

In questo modo, si crea una differenza di minuti tra il tempo reale e quello che viene registrato (senza peraltro penalizzare nessuno, i tempi indicati sono quelli "medi", si lavora solo un po' più velocemente).

In questo modo, verso le due-tre di notte le fasi sono già tutte terminate e il foglio macchina segna le sette di mattina.   Tutto il lavoro che doveva essere fatto è stato completato.
L'operatore spegne l'elaboratore, accosta tre sedie e si mette a dormire il sonno del giusto.

Io no.

Io "mi prendo" l'elaboratore e comincio a passare i miei programmi.

Sto studiando il linguaggio assembler, il COBOL, il FORTRAN, addirittura il linguaggio macchina.

È eccezionale il fatto di poter disporre di un elaboratore tutto per me!    Nei primi anni '70 non c'era neanche l'idea di personal computer...

In questo modo imparo un bel po' di cose e divento bravino nell'uso del sistema operativo... scrivo qualche programma di utilità (quei programmi che rendono la vita più facile a chi deve usare gli elaboratori) e vengo "notato": "il ragazzo promette bene, facciamogli fare qualcosa di più interessante".

Mi viene proposto il passaggio all'Assistenza Gestione, quel gruppo di persone che preparano i lavori e controllano i risultati, magari individuando qualche errore nei dati di ingresso o nei programmi, questi ultimi da segnalare ai "programmatori" (una categoria di persone "a parte"!).

Ha inizio una nuova meravigliosa avventura!  (continua...)

domenica 14 aprile 2013

La mia storia comincia (1)...

La mia storia comincia (1)...

Io non sono abituato a scrivere un diario delle cose che faccio, non so se questo sia male, ma è un po' fuori dalle mie corde.

Proverò comunque a scrivere una specie di racconto della mia vita, per far capire chi sono, cosa voglio e dove vado.

Ho lavorato in informatica dal 1974, cominciando con computer grandi quasi quanto una stanza, dei quali io ero una specie di "vestale": il mio compito, come operatore consollista, era di tenere il "mostro" alimentato in continuazione, in modo da ottimizzare il suo costo e farlo lavorare il più possibile.

Usava dei nastri magnetici, per cui ogni giorno io pulivo le testine di lettura/scrittura con delle pezzoline speciali, imbevute di un liquido volatile, che toglieva tutti i residui e permetteva il trasferimento sicuro delle informazioni da e verso i nastri magnetici.

I nastri erano contenuti in una bobina delle dimensioni (diametro) di un piatto da cucina ed erano larghi mezzo pollice (oltre 1 centimetro).

Il computer non aveva tastiera, né video; soltanto una batteria di lampadine che si illuminavano mostrando gli indirizzi delle posizioni di memoria che venivano lette o scritte di volta in volta e la configurazione binaria dei dati trasferiti.



Per dare istruzioni all'elaboratore si usavano schede perforate da 80 colonne.

Alcuni colleghi avevano il compito di organizzare in sequenza i lavori da passare al calcolatore, preparare i dati di ingresso (gli input)  e controllare i risultati (l'output).

Il loro lavoro si svolgeva fuori della "sacra" Sala Macchine, nella quale non poteva entrare nessuno (in teoria!), tranne noi operatori, i tecnici della manutenzione e i responsabili del Centro di Calcolo.

Non era una vita facile, ma io la trovavo estremamente divertente.

Gli elaboratori lavoravano sempre, noi operatori ci alternavamo su tre turni, la mattina (dalle 7 alle 15) il pomeriggio (dalle 15 alle 23) e la notte (dalle 23 alle 7 del giorno successivo).